Finalmente i riflettori si accendono su un fenomeno che da tempo preoccupa chi ha a cuore la sicurezza stradale: l’utilizzo diffuso di e-bike modificate da parte dei riders del food delivery, mezzi capaci di raggiungere velocità ben superiori ai 25 km/h consentiti dalla normativa europea per le biciclette elettriche a pedalata assistita.
Negli ultimi giorni abbiamo letto con attenzione le analisi che affrontano questa problematica delle biciclette elettriche modificate, concentrandosi principalmente sulle retribuzioni dei riders delivery. Aspetti certamente fondamentali, ma che non possono esaurire la questione della sicurezza urbana. Come ARIBI segnaliamo da anni che il problema delle e-bike truccate va ben oltre le condizioni economiche: è una questione di sicurezza pubblica che coinvolge pedoni, ciclisti e automobilisti.
La battaglia di ARIBI per la sicurezza ciclistica
Già quando la CGIL rivendicava giustamente migliori compensi per i lavoratori del food delivery, avevamo sottolineato l’urgenza di porre attenzione anche sui mezzi utilizzati. Le piattaforme delivery devono assumersi la responsabilità non solo delle condizioni economiche, ma anche di come le consegne vengono effettuate e con quali mezzi di trasporto.
È tempo di dire chiaramente: questi veicoli modificati non sono biciclette elettriche conformi. Non lo diciamo per discriminare, ma per tutelare la sicurezza stradale urbana. Le e-bike alterate nei limiti di velocità, che spesso superano i 45 km/h, diventano mezzi pericolosi non omologati prima di tutto per chi li guida – spesso giovani senza esperienza ciclistica né patente – e poi per pedoni e ciclisti che condividono piste ciclabili e zone ZTL.
Le biciclette elettriche a norma sono regolamentate dall‘art. 50 del Codice della Strada: massimo 250W di potenza, assistenza fino a 25 km/h, pedalata obbligatoria. Tutto ciò che supera questi limiti legali per e-bike deve essere considerato ciclomotore e quindi controllato dalle Forze dell’Ordine, fermato quando non conforme alla circolazione in piste ciclabili e sequestrato se necessario per tutelare l’incolumità pubblica.
Rischi concreti per l’incolumità pubblica
Troppo spesso chi utilizza queste e-bike modificate illegalmente non ha né esperienza di guida né consapevolezza del mezzo che sta utilizzando. Giovani riders che forse salgono per la prima volta su una bicicletta si ritrovano alla guida di un mezzo motorizzato non omologato, senza rendersi conto dei rischi per l’incolumità propria e altrui.
Gli incidenti stradali coinvolgenti questi mezzi sono in aumento nelle principali città italiane, con particolare rischio per pedoni nelle zone pedonali, ciclisti sulle piste ciclabili e altri utenti della strada negli incroci urbani.
Comprendiamo che queste modifiche illegali alle e-bike nascano dall’esigenza di ridurre i tempi di consegna per aumentare i guadagni, ma la sicurezza stradale deve venire prima del profitto. Se per il lavoro di delivery serve un mezzo più veloce, che sia allora un ciclomotore omologato con immatricolazione, assicurazione RC moto, casco omologato ECE, patentino AM e rispetto dei limiti di velocità urbana.
L’appello di ARIBI alle istituzioni
Come ARIBI Associazione chiediamo un intervento immediato delle istituzioni per intensificare i controlli stradali su e-bike sospette nelle zone ad alta densità di delivery, classificare correttamente questi mezzi modificati come ciclomotori già in fase di vendita, responsabilizzare le piattaforme di food delivery sui mezzi utilizzati dai loro riders e applicare il sequestro immediato delle e-bike modificate illegalmente.
Non possiamo più tollerare che il settore della mobilità ciclistica venga danneggiato da questa pericolosa deriva. Abbiamo sollevato questo problema delle biciclette elettriche modificate da tempo, purtroppo senza il giusto riscontro dalle autorità competenti. Oggi vediamo che la questione della sicurezza nei trasporti urbani viene finalmente affrontata anche da altre voci autorevoli.
Ce ne rallegriamo, con la speranza che questo porti a decisioni legislative chiare e controlli efficaci, nell’interesse della sicurezza di pedoni, ciclisti e di tutti gli utenti della strada.




